Cultura
Allinferno la Fiat e la sua epopea
Goffredo Fofi apre il fuoco contro il volume-monumento di Valerio Castronovo che racconta la storia dellla Fiat
Il luogo per l?intervista è già quello uno sfregio: palazzo del Lingotto, sala delle Presse. In verticale, sopra le nostre teste, si apre la cupola vetrata che l?Avvocato ha voluto per i summit di grande importanza. Goffredo Fofi, qui, è un ospite scomodo, da sempre. E anche adesso, con la Fiat declinante, e le lotte sociali consegnate alla storia, Fofi non arretra di un millimetro: la sua ostilità umana e culturale verso ciò che gli Agnelli sono e ciò che gli Agnelli hanno creato ha ancora il fervore dei tempi di fuoco. Tra le mani ha una sorta di Bibbia: copertina rosso cardinalizia, vecchio stemma della Fiat che campeggia in copertina, carta leggera proprio come quella delle edizione del libro sacro. Sono le 2098 pagine del volume che un valente storico torinese, Valerio Castronovo, scrisse nel 1999 per celebrare i cent?anni della casa automobilistica. Edito da Rizzoli, quando Rizzoli era ancora 100% Agnelli e non Romiti, sulla quarta di copertina comunica la sua funzione: «La prima storia complessiva di un?impresa che è divenuta parte integrante della nostra identità nazionale». Cioè: Fiat uguale Italia. E questa equazione scatena Fofi, che parla roteando il bastone, diventato ormai i suo battagliero status symbol.
Vita: Ma come si fa a detestare un libro che è così palesemente celebrativo, e quindi tutto sommato innocuo?
Fofi: Per principio io, che vivo di libri, non riesco a detestare nessun libro. Anche se trovo assolutamente legittimo l?acido muriatico che, dalle vostre colonne, Giacomo Contri ha riversato sul Piccolo principe: quel salame di Saint-Exupery è davvero l?inventore della new age. Premesso questo, io detesto questa summa sulla Fiat semplicemente perché detesto gli Agnelli. Li detesto cordialmente dal primo all?ultimo. Detesto anche l?ambito allargato dei dirigenti riempiti di miliardi e onorificenze. A Castronovo non contesto errori o faziosità filo Fiat. Contesto la tesi di partenza: che la storia d?Italia sia quella della Fiat.
Vita: Ma questo, volenti o nolenti, non è un dato di fatto?
Fofi: Può anche essere. Comunque io rivendico il diritto a un giudizio alternativo e a dire che quella più che la storia d?Italia è la storia della distruzione dell?Italia.
Vita: Facciamo un passo indietro. A quando risale il suo primo contatto con la Fiat?
Fofi: All?inizio anni ?60. Io venivo dal mondo mezzadrile umbro, mi ero fatto le ossa, politicamente parlando, nella Sicilia dei braccianti. Poi arrivai a Torino, dove ero membro secondarissimo di Quaderni rossi. Quando arrivai, Torino era una città messa sotto una cappa irrespirabile. In quegli anni la Fiat era davvero tutto. C?era l?impressione fisica di essere sorvegliati ad ogni parola che dicevamo, ad ogni passo che si faceva. Dopo gli anni ?50 tranquilli, quei primi anni ?60 furono gli anni dell?esplosione, del risveglio operaio. Allora se agli operai parlavi degli Agnelli vedevi balenare l?odio negli occhi. Io stesso una volta sperimentai cosa significava questo regime.
Vita: Che cosa le era accaduto?
Fofi: Era l?anno d?Italia ?61, quando venne rifatta mezza Torino per celebrare più che l?Unità d?Italia, la Fiat. Avevo 22 anni e venni chiamato a tenere una relazione al Centro Gobetti sulle cooperative operaie. Si trattava di cooperative artificiose costituite d?accordo con l?azienda, da quadri fuoriusciti che assumevano manodopera immigrata e poi la facevano lavorare all?interno della fabbrica, con un grande risparmio per la Fiat e nessuna garanzia sindacale per i lavoratori. Qualche giorno dopo venne a trovarmi Giorgio Agosti, che era stato vicequestore a Torino durante la Liberazione e che allora era diventato direttore della Sip. Mi disse che da voci informate gli Agnelli avevano chiesto un foglio di via per me. Mi stupii: che pericolo potevo comportare io, allora poco più che ragazzo? Comunque me la cavai prendendo residenza in un comune alla porte della città, a Pino Torinese, ospite della famiglia Hutter.
Vita: Uno dei grandi misteri della storia d?Italia che Castronovo non spiega è l?evoluzione del comportamento della sinistra nei confronti degli Agnelli. Da opposizione sociale feroce in quegli anni alla semi idolatria di questi ultimi decenni. Lei come spiega questa trasformazione?
Fofi: Secondo me l?opposizione, a livello culturale, non c?è mai stata. Gli Agnelli e la sinistra hanno condiviso pacificamente un mito deleterio come quello del progresso. E anche Gramsci, che pur aveva sostenuto le grandi occupazioni, al fondo condivideva l?idea che il futuro passasse per la grande elettrificazione e meccanizzazione del Paese. Che poi il progresso per imporsi, usasse i soviet (come pensava Lenin) o il capitale (come pensava Ford), per me, è una questione secondaria. In seguito, stemperandosi la questione sociale, si è arrivati a un vero ossequio. è un atteggiamento da cui non si è salvato quasi nessun intellettuale.
Vita: Anche uno come Pasolini si lasciò abbindolare dal fascino degli Agnelli?
Fofi: Certamente non li criticò mai. Ricordo che una volta Elsa Morante l?aveva rimproverato perché lo riteneva troppo deferente verso la Fiat. Ma dal suo punto di vista c?era anche una coerenza: lui ha sempre guardato all?Italia sottoproletaria e contadina, mai a quella operaia. è stato geniale nell?individuare la mutazione antropologica e ha giustamente spostato la rivoluzione italiana dal 1945 agli anni del boom. Ma la devastazione dell?ambiente lo ha sempre lasciato indifferente. E la Fiat per me è colpevole soprattutto di questo.
Vita: In che senso?
Fofi: Io considero l?automobile un?arma. E siccome sono contrario alle armi sono contrario anche alle auto. L?Italia è un paese autodipendente, che ha abbandonato le reti ferroviarie per puntare tutto sul trasporto su gomma, come agli Agnelli conveniva. Ma sui danni provocati da un simile sviluppo nessuno dice niente. A parte i morti diretti sulle strade, che ormai raggiungono cifre da guerra mondiale, ci sono i danni indiretti. Oggi il 15% della popolazione mondiale usa l?auto, e il buco nell?ozono è in gran parte dovuto al lusso di questa piccola fetta di popolazione del pianeta. Se questa linea di sviluppo dovesse propagarsi anche a chi oggi ne è escluso andremmo velocemente verso la distruzione della terra. E c?è da esserne seriamente preoccupati, perché la lobby mondiale dell?auto è una lobby davvero potente. Avete notato quante ricerche in questi anni hanno messo in luce i pericoli del fumo. Avete mai sentito un allarme lanciato dopo una ricerca sui danni provocati dall?eccesso di auto? No, perché nessuno le fa.
Vita: Ma c?erano modelli alternativi?
Fofi: Innanzitutto l?Italia ha subito questo modello in modo molto più irrazionale degli altri Paesi occidentali. Abbiamo distrutto le città per renderle a misura di auto, con il risultato che oggi spesso sfioriamo la paralisi. Carlo Levi aveva scritto che la strada è la vera casa degli italiani. Oggi dobbiamo cambiare metafora: la strada è il garage degli italiani. E tutto questo per venire incontro ai disegni degli Agnelli. Per questo io li detesto.
Vita: Torniamo sull?alternativa. Ce n?erano di praticabili?
Fofi: Il solo che la propose fu Gandhi, ma fu troppo estremo. Ricordo però che ai tempi di Togliattigrad, quando la Fiat stava per aprire lo stabilimento, all?interno della sinistra si discuteva su un uso diverso dell?automobile. Con Michele Salvati avevamo pensato all?idea di un parco auto di proprietà dei comuni a disposizione dei cittadini. Un modo per dare comunque la prevalenza al trasporto pubblico. Ma anche quell?idea si scontrò con gli interessi, sempre vincenti, degli Agnelli.
Vita: Quindi per rispondere a Castronovo ci vorrebbe qualcuno che scrivesse una controstoria dell?Italia formato Agnelli.
Fofi: Certamente. Sarebbe una grande cosa. Ma in quel caso 2000 pagine non bastano. Il mese scorso ero a Cordoba, in Argentina, dove c?è un grande insediamento Fiat, oggi in declino un po? come?è tristemente in declino Torino. Ho raccolto testimonianze terribili sui rapporti tra alcuni dirigenti della fabbrica e i generali argentini alla metà degli anni ?70: facevano opera di delazione dando i nomi degli operai in prima linea sul fronte sindacale.
Vita: Non teme di essere solitario in questa battaglia, ora che gli Agnelli sono diventati quasi dei personaggi da favola per rotocalco?
Fofi: Non me ne importa. E poi sono meno solitario di quel che sembra. In Europa ci sono fior di pensatori che sono d?accordo con questa analisi. In Italia Guido Viale ha scritto un libro bellissimo. E poi c?è un grande poeta come Wysthan Auden, che all?auto ha dedicato una poesia. Sapete come l?ha intitolata? Maledizione. La dedico agli Agnelli.
P.S.: L?indice dei nomi di Castronovo ha 800 voci. Il nome di Fofi ovviamente non c?è.
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